sabato 21 agosto 2010

12.04.1992

Nella mente di un pazzo al manicomio, i pensieri danzano come foglie portate dal vento in una tempesta. Non c'è ordine, solo caos. Immagini e suoni si mescolano in un maelstrom di confusione e disperazione. Ci sono voci, sempre voci. Voci nella testa che sussurrano promesse di libertà o minacce di rovina. Sono come parassiti che si nutrono dei frammenti di lucidità che ancora rimangono. Non c'è pace, solo un incessante brusio che riempie ogni silenzio. Le immagini si sovrappongono, una sovrapposizione di ricordi distorti e incubi vividi. Volti che si trasformano, luoghi che si deformano. La realtà è un concetto sfuggente, una terra mobile su cui non si può mai poggiare i piedi. Le emozioni sono un'altalena impazzita. Gioia e tristezza si scambiano di posto senza preavviso. La risata può trasformarsi in lacrime in un istante, e viceversa. Non c'è stabilità, solo un perpetuo stato di fluttuazione emotiva. Il tempo è una strana bestia, che scorre avanti e indietro senza logica. I giorni si mescolano, le ore si confondono. Non c'è un prima o un dopo, solo un eterno presente che si estende all'infinito. E in mezzo a tutto questo caos, c'è una piccola scintilla di consapevolezza. Un'ombra fugace di ciò che una volta è stato. Ma è come cercare di afferrare un sogno sfuggente. Ogni volta che sembra di averla, svanisce tra le dita. Questo è il pensiero confuso di un pazzo al manicomio. Una tempesta senza fine che divora ogni briciola di sanità mentale. E nell'occhio del ciclone, c'è solo il vuoto.

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